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Incontrare la sofferenza

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Reverendo Carlo Tetsugen Serra

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Qualcuno mi faceva notare che i semafori sono gialli. No? Verde giallo rosso. Giallo arancione. Basi complementari. Rosso verde. Quello che conta è la via di mezzo come insegnata dal nostro patriarca il vecchio Shakia. Trovare sempre la resilienza. La via di mezzo che ben sappiamo non è né stare di qua né stare di là, ma è stare con consapevolezza in ciò che il momento richiede. E spesso anche trasformare positivamente il veleno che stiamo bevendo. Come tutti noi praticanti stiamo trasformando positivamente.

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Questo anno di pandemia di confino in una grande opportunità.

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Quando piangiamo i nostri cari. Le persone che ci hanno lasciato per questo infausto tempo. Piangiamo i nostri cari. Seriamente addolorati. Certo nessuno pensa “Ah grazie a queste persone che ci hanno lasciato io ho sviluppato la consapevolezza” in quel momento lo stato di sofferenza vissuto fino in fondo. Ma in altri momenti accendiamo proprio l’incenso e facciamo sampai, i tre doverosi e devoti inchini a tutte le persone hanno lasciato questo mondo. Siamo debitori per il momento ci hanno offerto di profonda consapevolezza.

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Profonda meditazione. E di profonda occasione per il cambiamento. Se non cogliamo questo momento le persone che sono morte e le persone che stanno soffrendo lo stanno facendo inutilmente. Certamente non tutti accettano e vedono questa condizione. Noi che pratichiamo, che conosciamo bene in permanenza, degli accadimenti della vita e che conosciamo anche bene le interrelazione l’interconnessione  l’interdipendenza

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Tra tutti gli esseri. Dobbiamo far sì che le persone che hanno lasciato questa terra che sono morte, le persone che stanno soffrendo, quelle che ancora soffriranno, tutto questo non sia inutile, vano. Che non sia solo un capriccio del caso che passerà nella storia dell’umanità. Quindi io sento la responsabilità del cambiamento. Proprio per tutta questa sofferenza. Non dobbiamo girarci dall’altra parte. Dobbiamo vedere questa sofferenza e il nostro modo di affrontarla. Sofferenza fisica sofferenza di chi sta male, psicologica,

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Mentale. La sofferenza di chi si trova in una condizione completamente diversa e non ha la possibilità gli strumenti per superarla. Persone che si trovano in condizioni completamente nuove e dentro la loro mente non trovano come affrontarle. La sofferenza di chi è disteso in un letto e non sa se arriva domani. E la sofferenza di tutte le persone che si sono ritrovate sole perché i loro cari i loro amici i loro parenti sono morti.

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Noi dobbiamo stare dentro questo momento. Nel sentire la responsabilità di tutto questo. E noi possiamo incominciare un vero cambiamento. Non perché cambiamo le frasi della nostra vita. Ma perché cambiamo il modo di stare nella nostra vita. Non si tratta di ridurre qualcosa. Si tratta di un vero cambiamento di prospettiva della vita. Non possiamo incolpare i vivi che ce lo impediscono. Ma dobbiamo onorare tutte le persone che soffrono e che hanno lasciato questa terra e che ci permettono

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Questo cambiamento di stato d’essere di coscienza di pensiero. Diversamente avremmo vissuto egoisticamente tutto questo periodo. Ricordiamoci che Shakyamuni Buddha Gautama decise di cambiare la propria vita. Proprio per onore per rispetto. Per compassione. Per responsabilità. Quando incontrò i malati, la sofferenza, la povertà e la morte, e si accorse incontrando la vecchiaia che tutto passa rapidamente come una freccia e che non doveva rimandare a domani, e che non aveva nulla che gli impedisse di iniziare

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oggi a trovare la via del cambiamento. Il primo passo è trovare la via del cambiamento. Abituati a fotocopiare una giornata dopo l’altra. Non sappiamo neanche come cambiare. E allora dobbiamo trovare la porta, l’uscita. Ogni tanto qualcuno, leggiamo poi che ogni tanto qualcuno dice. “Non c’è più la connessione”. Ma talvolta succede talvolta non è che non ci sia più la connessione, è che noi siamo fermi immobili. In zazen. Sembra un fermo immagine. E da una parte lo Zen

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È proprio questo. È questo fermo immagine. È questo momento di astensione dal proprio io dal proprio ego che ci permette di trovare la porta. Per uscire allo scoperto con la nostra vera natura. Questo fermo immagine, questo zazen non è un momento di attesa, la nostra mente è vigile consapevole, lucida, come tutti i sensi sono attivi maggiormente in zazen, nessuno viene chiuso. La nostra mente indagatrice è ferma come il gatto prima dello scatto felino che

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ha tutti i sensi aperti e coglierà l’attimo nella direzione giusta per il suo scatto. Così questa immobilità, questa astensione dall’io e dall’ego non è povertà espressiva, ma è ricchezza totale ed espressione del nostro essere. Mentre prima si esprimeva solo il nostro limitato pensare, il nostro limitato essere, in zazen si esprime la totalità del nostro essere. Pensieri, intuizioni, grande insight avvengono proprio grazie a questo silenzio dello zazen.

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