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Corso di Calligrafia Orientale.

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Cosa posso imparare praticando la calligrafia cinese?

Tutte le lingue del mondo hanno la funzione pratica della comunicazione. Nelle diverse culture e società, tuttavia, il linguaggio e il suo ruolo sono percepiti in modo diverso. Nella cultura cinese l’origine della parola non è stata tenuta mai molto in considerazione, mentre l’importanza storica si è sempre concentrata sulla scrittura. Per i cinesi la creazione del linguaggio coincide con la creazione dei caratteri cinesi. Il merito di questa invenzione è attribuito ad una figura metà-dio e metà umana chiamata Cang Jie, vissuta circa 4000 anni fa. La leggenda narra che, circa cinquemila anni fa, i segni scritti in cinese furono creati da un dio drago con quattro occhi di nome Cang Jie, che osservò impronte di animali, graffi di uccelli, pioggia, vento, tuoni e le forme di oggetti naturali come le montagne, fiumi e ombre degli alberi e ha creato caratteri cinesi basati su di essi. Con la pratica della calligrafia orientale si coltiva la propria sensibilità e la propria innata natura. Nello studio della calligrafia cinese, si impara ad usare gli occhi per osservare i dettagli della scrittura come espressione artistica, per scoprire le caratteristiche fondamentali di un tratto, di un carattere o di una scrittura nel suo complesso. Si impara a coordinare la mente con la mano e quindi a manovrare il pennello per la realizzazione di diverse forme e linee. Ci si allena anche nella memorizzazione delle immagini, nello sviluppo di un pensiero artistico e creativo, così come nell’espressione visiva, nella resistenza e nella disciplina verso un duro lavoro. Con Silvio Ferragina inizieremo dalle conoscenze di base della calligrafia, per poi passare gradualmente a cose più complesse. Da un tratto a più tratti, da caratteri semplici a caratteri composti. Vedremo come creare le basi per imparare a scrivere anche degli ideogrammi che, composti, ci serviranno per entrare in una pratica di meditazione.

A chi è rivolto questo corso di calligrafia?

A chiunque voglia imparare la calligrafia orientale. A chiunque voglia sperimentare la cultura cinese. A chiunque voglia avere delle conoscenze di base sulla calligrafia e la scrittura orientali.​ Materiale didattico

  • Più di 5 ore di corso Goditi un programma di lezioni sulla calligrafia orientale.
  • 9 video-lezioni Il corso valorizza la crescita continua e la coltivazione del cuore, anche attraverso la calligrafia.
  • Allegati di studio 7 dispense per approfondire le tematiche affrontate nel corso. E le slide del docente.

Le 5 forme calligrafiche

In questa prima lezione del corso di calligrafia affronteremo il tema delle 5 forme calligrafiche. La storia della calligrafia cinese è lunga quanto quella del sistema di scrittura cinese, iniziato più di tremila anni fa. In primo luogo le forme di scrittura non si sono sviluppate lungo una singola linea temporale. È possibile che si siano sviluppate, e venissero utilizzate, più forme di scrittura contemporaneamente. La forma calligrafica del “piccolo sigillo” e degli “scrivani”, ad esempio, si sono sviluppate entrambe intorno al periodo degli Stati Combattenti. Un secondo punto correlato è che lo sviluppo delle diverse scritture non si escludevano a vicenda. L’inizio di una nuova scrittura non definisce la fine di una vecchia. Piuttosto, si completavano a vicenda. Lo sviluppo della forma “regolare”, ad esempio, ha aiutato a maturare gli stili “corsivo” e “corrente”. Terzo, il momento esatto dello sviluppo delle varie scritture, in particolare quello della forma “Regolare”, è ancora un problema irrisolto. Quarto, la variazione tra le forme scritturali è graduale. A rigor di termini, solo quattro forme di scrittura hanno svolto un ruolo importante nello sviluppo del sistema di scrittura cinese: “Grande sigillo” (dazhuan), “Piccolo sigillo” (xiaozhuan), “Scrittura degli scrivani” (lishu) e forma “regolare” (kaishu). Queste sono considerate scritture principali perché, in momenti diversi, sono state formalmente adottate per la documentazione ufficiale. La scrittura del “Grande sigillo” è un termine usato che comprende diverse scritture antiche usate oltre 1.200 anni prima della dinastia Qin (221-206 a.C.), tra cui la scrittura su carapace e ossa (jiaguwen), la scrittura su bronzi (jinwen) e la scrittura su tamburi di pietra (shiguwen). Dalla dinastia Qin, si sono verificati tre importanti cambiamenti nella scrittura: da “Grande Sigillo” a “Piccolo Sigillo”, da “Piccolo Sigillo” alla scrittura degli “scrivani” e da questa alla forma “regolare”. Le forme “corrente” (xingshu) e “corsivo” (caoshu) sono state inizialmente sviluppate come modi informali in cui veniva aumentata la velocità di scrittura. Successivamente, furono utilizzate come espressione artistica.

I 4 Tesori

In questa lezione del corso di Calligrafia orientale vedremo i Quattro Tesori dell’uomo di cultura cinese. Attorno al 300 dopo Cristo la scrittura non viene più vista solo come un supporto alla lingua parlata, ma diventa arte calligrafica. La calligrafia diventa mezzo di espressione del proprio essere.

Ogni artista aveva a propria disposizione almeno quattro strumenti, necessari e fondamentali, per esprimersi attraverso l’arte della calligrafia: il pennello cinese, l’inchiostro, la pietra da inchiostro e la carta.

Il pennello

Il pennello ha una lunga storia, già le ceramiche del Neolitico recavano dei segni fatti a pennello nelle ossa oracolari. È uno strumento antichissimo composto da un manico, l’impugnatura del pennello da una parte, che può essere in bambù, legno o qualsiasi altra materia. E una parte terminale che è un ciuffo di peli. Il pennello con cui si inizia normalmente a fare calligrafia ha un ciuffo di peli di capra di colore bianco perché la sua flessibilità ben si adatta alle competenze di chi inizierà a praticare la calligrafia. Il segno che viene creato non è figlio di un disegno, ma nasce dal percorso che la punta del pennello fa incontrando la carta.

L’inchiostro

L’inchiostro fin dall’antichità in Cina viene realizzato in barrette. È fuliggine che si ricava dalla combustione di legni e oli particolari. Poi viene mescolata con colle animali e profumi, e compressa all’interno di stampi dove viene lasciata solidificare. Come facciamo a produrre l’inchiostro necessario con una barretta? Dovremo utilizzare il terzo tesoro della calligrafia.

La pietra da inchiostro

Una buona pietra da inchiostro ha la forma di una pera. La parte centrale è la zona dove viene a crearsi l’inchiostro e la parte sopra, sagomata, dove viene lasciata depositare dell’acqua. Normalmente il materiale di cui è composta una pietra da inchiostro, lo dice la parola stessa, è pietra. Ma non è detto che sia necessariamente così. Esistono delle pietre da inchiostro ovvero Calamai in ceramica e anche in ferro. Fregando questa barretta di inchiostro sulla pietra. Vado a creare delle micro scaglie che si sciolgono nell’acqua, generando l’inchiostro.

La carta

La carta è un foglio di carta cinese ed è una delle più grandi invenzioni della Cina, avvenuta attorno al primo secolo dopo Cristo. L’introduzione della carta a è praticamente contemporanea della nascita dell’arte calligrafica cinese. Perché permetteva certi effetti grafici non possibili su altre superfici come le tavolette di legno, le asticelle di bambù o la pietra. Per coloro che volevano parlare di sé e del proprio mondo interiore, voleva dire rivelare le proprie valenze estetiche.

I 4 Tesori | pratica

Durante l’esercizio calligrafico, è importante avere qualcosa che ci aiuti a tenere fermo il foglio di fronte a sè, in modo tale che durante la pratica calligrafica non si muova molto. La prima cosa da fare è capire come il pennello va impugnato. La teoria dice che il pennello va impugnato circa a metà del manico e perpendicolarmente alla carta.

Si può cominciare a praticare seduti, tenendo una mano di fronte a sé. Dopodiché rilassiamo le spalle con un respiro lento e a quel punto possiamo iniziare a fare i primi segni sulla carta.

Per praticare ZEN occorre realizzare 4 pratiche:

SHIN—Chiarezza delle intenzioni

DO——Trovare l’opportunità per un saggio agire

KI——-Sviluppare la nostra determinazione

KU——Liberarsi da ogni attaccamento

Shin: cuore, mente, spirito

Questo ideogramma è molto caro a noi buddhisti perché rappresenta L’essenza dell’essere. L’origine dell’uso della forma del cuore, che verrà nel tempo ad indicare sentimento d’Amore, essenza dell’essere, abbia presumibilmente origine in India dalle foglie di pipala “ficus religiosa” che sono a forma di cuore e sono state utilizzate nelle rappresentazioni artistiche della civiltà della valle dell’Indo attorno al 2500 ac. Infatti l’albero “ficus religiosa” è l’albero sotto il quale Buddha meditò e realizzo l’illuminazione.

Corso-Calligrafia-Shin

Questo ideogramma si legge anche KoKoRo più riferito al sentimento d’amore, mentre Shin all’essenza dell’essere “Citta” in sanscrito.

Nel Buddhismo la parola Shin è usata come mente o essere realizzato.

Per esempio nello zen BODHAI SHIN significa LA MENTE RISVEGLIATA. Tutti i Praticanti Zen Conoscono il sutra Maka Hannya Haramita Shin Gyo, comunemente chiamato Hannya Shin Gyo, Il Sutra del Cuore.

Shin=Mente/Cuore

I shin den shin = Da cuore a cuore, da cuore a mente o da mente a cuore.

La parola Shin, in una ampia visione zen, raccoglie dentro di se Consapevolezza, Emozioni, Sentimento, Gusto della vita.

Consapevolezza ovvero selezione, da parte della mente, dei contenuti dell’esperienza attuale o passata, che sono presentati alla coscienza per una elaborazione che li rende consapevoli. Nello zazen la Consapevolezza o presenza mentale o Chiara Luce, è all’esperienza del momento. L’essere qui e ora senza filtri culturali, concettuali. La sospensione dell’esperienza passata per lasciare che la vita presente possa esprimersi.

Con Consapevolezza intendiamo i processi che si assemblano nella mente. Questa parola denota un fenomeno estremamente intimo, e di importanza cardinale. Non è un superficiale essere informati, né un semplice sapere.

La Consapevolezza è una condizione in cui la cognizione di qualcosa si fa interiore, profonda, perfettamente armonizzata col resto della persona. È quel tipo di sapere che dà forma all’etica, alla condotta di vita, alla disciplina, rendendole autentiche.

Shin è uno stato di vivere la vita con questo tipo di consapevolezza del cuore, del giusto sentimento diremmo noi. Pascal diceva: c’è un ordre du coeur (ordine del cuore), una logique du coeur (logica del cuore) per logica intendiamo appunto un normale ordine e armonia della percezione data dalla consapevolezza. Noi conosciamo la verità non soltanto con la ragione ma anche con il cuore. Anche il cuore ha un suo ordine un suo sentire: sentimento innato che ci porta a credere ciò che la riflessione, troppo debole, non osa decidere. Ecco lo sviluppo della Grande fede di cui parlava Hakuin.

SHIN è il gusto del Cuore o il Gusto della Pienezza della vita. Assaporare lo stato di pienezza della vita. Il gusto della vita è una esperienza continua di armonia e bellezza del vivere, un piacere della mente e del corpo, una pienezza dell’essere, Bodhai Shin.

Ki: Energia della realizzazione

Ki esprime il concetto delle energie fondamentali dell’universo, di cui fanno parte la natura e le funzioni della mente umana. Nella cultura tradizionale occidentale, il significato del termine latino potrebbe essere spiritus di cui il vocabolo Ki è termine equivalente.

Corso Calligrafia Ki

È l’equivalente di  pneuma, il soffio vivificatore in greco.

KI = Spiritus = Pneuma

Il Ki, come energia ancestrale, primordiale, come memoria, della saggezza e armonia interiori, ci collega a tutti gli esseri precedenti e conseguenti, ai nostri antenati celesti, come si dice in Cina. È la cellula primordiale il nostro DNA Originario. Il ki è l’essenza, il seme, il germe, il nucleo dove si condensa il significato della vita. Come la cellula conosce il proprio scopo, sa chi è e cosa deve fare e lavora instancabilmente per essere sé stessa, anche l’essere umano ha il preciso compito nella vita di cercare il proprio Ki la propria essenza. Cercarlo, scoprirlo, comprenderlo e realizzarlo è la chiave della nostra felicità.

Il maestro Hakuin, una delle figure più leggendarie dello zen Rinzai nato in una famiglia di samurai, e questo suo Ki ereditato si evince in tutto il trascorso della sua vita piena di Ki.

Non dimentichiamo che lo stesso Gautama Siddharta il Buddha era della casta dei guerrieri gli kshatriya e anche nella sua vita ha manifestato pienamente il suo Ki originario, il suo spirito di determinazione nell’affrontare il suo percorso e la sua ricerca anche davanti alle mille prove della vita. Tornando ad Hakuin

a lui si deve il motto:

«Per praticare lo Zen sono necessarie tre cose: per iniziare, la grande radice della Fede; poi il grande Dubbio; e infine una forte Determinazione per raggiungere lo scopo.» Nel suo libro Yasenkanna, il “Trattato zen sulla salute” insegna come temprare il Ki, coltivare lo Spirito e incrementare il vigore del corpo per la pratica zen.

Yasenkanna
“Trattato zen sulla salute”
Come coltivare il Ki di Hakuin Zenji

Ci dice: “interrompete per un certo tempo le congetture mentali, lasciate da parte i koan. Quando siete in procinto di addormentarvi, allungate le gambe, stiratele con forza, riempite del Ki originario tutto il corpo e accumulatelo nel centro dell’addome, nella zona del Kikai Tanden e poi nelle anche nelle spalle,  nelle gambe e nella pianta dei piedi.”

Secondo la tradizione orientale, esistono tre sedi naturali in cui il 氣 Ki si localizza che nella lingua giapponese sono denominate “Dan Tian ” 丹田, non sono delle vere e proprie sedi fisiche, ma sono dei punti virtuali dove viene localizzata la cosiddetta “presenza mentale” del praticante zen e precisamente: il “Kikai Dan Tian ” 気海丹田, la sede viscerale, il “Chudan Dan Tian ” 中段丹田, la sede mediana ed il “Jodan Dan Tian ” 上段丹田, la sede superiore.

Corso Calligrafia Postura

Jodan Dan Tian ” 上段丹田, la sede superiore.

Chudan Dan Tian ” 中段丹田, la sede mediana

il “Kikai Dan Tian ” 気海丹田, la sede viscerale

Nello zazen la nostra energia Ki è nel bacino e gambe che ci stabilizza nella postura, nell’addome e schiena che esprime la nostra presenza al momento presente, e la parte superiore spalle testa, mente.

Si dice che “l’uomo perfetto colma sempre la parte inferiore con il Ki del cuore” l’armonia interiore SHIN Mentre “Gli spiriti mediocri, invece, danno sempre libero sfogo al Ki verso l’alto” la mente discorsiva. Da qui viene il detto Taoista: “L’uomo Vero respira dai talloni, l’uomo comune dalla bocca”

Dō: il percorso

Dō è “ciò che conduce” il ki prende la Via in senso non solo fisico ma soprattutto spirituale. Quando si recitano i quattro voti del Bodhisattva, il Bodhisattva è colui che si impegna a realizzare la propria essenza per poi metterla a beneficio di tutti gli esseri, si recita “faccio voto di…”

I quattro voti del Bodhisattva

  • Gli esseri sono innumerevoli, voto di percorrere la Via e di aiutare tutti;
  • Le brame sono inesauribili, voto di percorrere la Via e di estirparle tutte;
  • Gli insegnamenti sono infiniti, voto di percorrere la Via e  di apprenderli;
  • La Via dell’illuminazione è suprema, voto di percorrere la Via e di realizzarla.

Questo “faccio voto di…” è “prendo la Via di..” il mio spirito SHIN mette la sua determinazione, il suo KI, nella direzione Dō. Potete avere un grande cuore, una forte energia e determinazione, ma dovete indirizzarla nel giusto percorso.

Nell’ideogramma Dō troviamo una segno che simboleggia il piede e la sua impronta quindi il procedere e un altro ideogramma che rappresenta un volto, cioè metto la mia mente nella direzione di…cioè agisco, non solo penso, ma metto in atto manifesto nell’azione.

Nello zen troviamo moltissime parole composte con questo ideogramma Dō, come ZenDō, HonDō, Dōshin.

ZenDō, HonDō sono i luoghi di meditazione e di recitazione dei sutra, ovvero luoghi dove il nostro SHIN, spirito essenza prende vita con il KI e si manifesta la pratica prende una direzione un Dō.

Dōshin la dove il Do è l’ideogramma di Via significa appunto “spirito della via” Desiderio e volontà di realizzare l’illuminazione. È anche il nome dato a un novizio in un monastero zen.

Quante volte vaghiamo nella nostra vita senza avere una vera direzione, spesso giriamo attorno ai problemi, nel continuo rimugino e chiacchiericcio della mente, esauriamo l’energia senza prendere la giusta direzione. Questo perché occorre sviluppare Shin, la consapevolezza del nostro cuore che ci darà la direzione da intraprendere. Dō è la direzione e l’azione che nasce dal nostro cuore, Dō è la pratica, il praticare stesso. Senza Dō non c’è pratica, per questo il luogo dove si fa zazen la meditazione zen si chiama ZenDō e non solo Zen. Lo  Zen  rimane solo un concetto, una filosofia senza il Dō, senza che sia manifesto nella pratica.

Ku o Mu: il vuoto, nulla-tutto

Due ideogrammi diversi ma identici nell’interpretazione zen.

Ku in cinese MU in giapponese, può essere tradotto approssimativamente con “nessuno” o “senza” nello zen come “vuoto”.

Uno dei più famosi koan è il MU di Joshu dice:

“Un monaco chiese a Joshu famoso maestro zen: “Un cane ha o no la natura di Buddha?”. Joshu rispose semplicemente: “MU”.

Il Mu nella risposta del maestro Joshu è da interpretare come “Vuoto insostanziale”, non è la risposta alla domanda del povero monaco come molti non praticanti pensano. Non sarebbe un maestro zen realizzato se desse una risposta ad una simile domanda. La domanda del monaco equivale a “Tutti hanno la natura di Buddha” ovvero “tutti sono per natura immanente già realizzati, illuminati”  Secondo la dottrina zen tutti lo sono, dobbiamo solo realizzarlo riprenderne coscienza,  questa è la Via il Do dello zen. Se Joshu avesse avuto intenzione di dare una risposta alla domanda avrebbe potuto semplicemente rispondere “si un cane come tutti sono la Natura di Buddha”  invece la sua risposta è “MU” è rivolta al sorgere della domanda.  Rivolta alla mente del povero monaco. Significa: “la tua domanda è insostanziale”  è la tua domanda che è MU vuota inesistente. Come quando al Buddha chiesero “cosa c’è dopo la morte?” Il Buddha, che era più educato dei maestri zen, rimase in Nobile Silenzio. Non era la risposta alla domanda o “non so” non ho risposte. Voleva dire la domanda è insostanziale, non sussiste. Perché per il buddhismo non esiste nascita e morte tutto è insostanziale, che non vuole certamente dire che non c’è vita o morte o realtà. Così Joshu dice la stessa cosa, noi oggi diremmo “ma che domanda fai?”. I praticanti zen sono invitati ad indagare questa non- risposta MU. La prima cosa richiesta al praticante zen su questo koan è l’indagine su questa insostanzialità della soggettività tutto è vuoto di sostanza personale, tutto è Uno. Ma sarebbe meglio indagare sull’inutilità della domanda. Fermare la mente discorsiva intellettuale che vuole sempre sicurezze, conferme classificazioni. Se sospendi le domande ti trovi calato nella realtà così come é. Se noi ci facciamo la domanda “cosa è questa pandemia che stiamo vivendo?” certamente troviamo una risposta. Ma se vogliamo veramente comprendere, esperire cosa sia,  dobbiamo sospendere la domanda e vivere il momento che stiamo vivendo.

È in quel  momento che troviamo la risposta.

Un’altra parola zen che contiene MU è Mushotoku

Corso Calligrafia Mushotoku

È una delle condizioni indispensabili della mente, come nella  vita, per esperire la realtà. Senza questo stato d’animo, Zazen non è autentico. In  cosa consiste questa parola importante Mushotoku? Dovremmo rimanere in silenzio come il  Buddha o rispondere MU come Joshu. Ma visto che siamo qui per dare spiegazioni, forse, comunque non risposte possiamo dire che Mushotoku  è la condizione della mente che  trascende le dualità di domanda e risposta e le limitazioni create dal nostro io insicuro.  Negli ambienti zen viene spesso grevemente  definito come assenza dell’ottenimento. Troverete “Non esercitarti per Zazen per fama o profitto; non praticarlo per ottenere una ricompensa”. Certamente nessuna Via, il Do che dicevamo prima, si percorre per un ottenimento e profitto dell’ego. Altrimenti non è una Via spirituale, non vale neanche parlarne, dovremmo rispondere subito MU. MUshotoku ha un valore ben più alto che una condotta morale di non attaccamento, ma è lo stato mentale di piena presenza quando si scopre l’inutilità di ogni domanda e risposta e allora tutto diventa Mu, Totale, inseparato, indiscriminato. Quindi lasciate le risposte convenzionali, quando Shin il vostro cuore, mente spirito, come volete chiamarlo, è pienamente nella sua Natura originaria, siete Mushotoku. Cercare di essere Moshutoku (senza spirito di ottenimento) nella pratica zen equivale a fare un passo avanti volendo andare indietro. È avere ancora l’idea che devo fare qualcosa, ovvero sospendere il mio io, per superare l’attaccamento all’io, una contraddizione in termini. Attaccarsi al non attaccamento per liberarsi dell’attaccamento. È vero che lo zen è paradossale ma non sino a questo punto. O no! MU!

Zen: realizzazione

In sanscrito dhyana, in cinese ch’an, in giapponese zenpensare con il cuore, riflettere con la mente libera MUshotoku e meditare per esperire tutto questo. Un percorso linguistico, storico e culturale, che descrive come lo Zen non sia una religione né una filosofia. Bensì una metodologia dello spirito, della coscienza e della mente che può essere adottata da chiunque, in qualunque luogo e tempo.

Lo Zen è una Via semplice, diretta e concreta che ci riporta alla realtà Universale e quindi alla Tua realtà “qui e adesso”.  Non ad una realtà trascendente. Quando dico Tua realtà significa  la tua Vera Natura Originaria, non solo quella della tua cultura e conoscenza.

Percorrendo la Via dello Zen, chiunque può superare i condizionamenti e gli attaccamenti dietro cui si nasconde la realtà soggettiva personale. Non perché non vada bene, ma perché è limitata e quindi limitante della tua somma espressività.

Lo Zen non intende spiegare che cosa sia questa Verità  Assoluta, MU! Perché è solo attraverso l’esperienza diretta che essa può essere contattata e ogni tentativo di spiegazione sarebbe relativo e non assoluto. In ogni parte del mondo, mistici sufi, cristiani, buddhisti, induisti e aborigeni hanno rinunciato alla sicurezza delle teorie e dei propri schemi mentali, per fare esperienza di questa Verità Assoluta. Questa Verità è una e la Via dello Zen si occupa di questo Assoluto, non di uno schema religioso fissato dall’uomo come “io personale”. Lo Zen torna, infatti, all’insegnamento di quell’uomo libero, il Buddha Shakyamuni che…

…un giorno un’immensa folla di persone si radunò per ascoltare gli insegnamenti di Shakyamuni, il Buddha. Il Buddha non disse una parola tenne semplicemente in mano un fiore, solo il discepolo Kasyapa comprese l’essenza di questo gesto, che non-era un insegnamento, una risposta, una dimostrazione, era semplicemente “esserci” Mu Avvenne così la prima trasmissione di un insegnamento non-insegnamento senza parole, da maestro a maestro, da mente a mente, i Shin den Shin. Mille anni dopo un monaco indiano arrivò in Cina dopo un lungo viaggio si chiamava Bodhidharma. Era il ventottesimo erede di una ininterrotta linea di maestri discendente dal Buddha e portava con sé l’essenza di quell’insegnamento.

Mille anni dopo Bodhidharma, voi siete li e io sono qui.

Opera di chiusura

In questa lezione del Corso di calligrafia Silvio Ferragina ci insegna a unire i caratteri, realizzati nelle lezioni precedenti, per formare una frase completa.Shin | Ki | Dō | Ku | Zen Se fin qui ci siamo occupati dell’equilibrio del singolo carattere, ora l’intera parola troverà il proprio equilibrio. Per questo dovremo fare attenzione all’opera nel suo complesso. Poi verranno apposti i sigilli. Due sulla sinistra: il primo di segno bianco su fondo rosso, il secondo segno rosso su fondo bianco. Entrambi riportano i due caratteri del nome del calligrafo. Il terzo sigillo è in alto a destra. Infatti la sua funzione non è solo quella di firma dell’autore, ma ha anche una funzione estetica: ri-bilancia l’opera. Nella seconda parte della lezione, vedremo la stessa opera utilizzando i caratteri nella loro forma arcaica. Abbiamo la stessa sequenza dei caratteri, ma occupano lo spazio in modo diverso e richiedono un altro tipo di tratto. Quindi il gioco di trovare l’equilibrio dei singoli caratteri, e di tutti i caratteri insieme, si rinnova. Anche in questo caso, l’opera si conclude con l’apposizione dei tre sigilli.

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