Quando nello Zen parliamo di Mente risvegliata Di quale mente parliamo?
La voce del Maestro

Le prime due frasi nel testo – Gli insegnamenti di Zazen – “Zazen Yojinki ” di Keizan Jokin sono forse le piรน importanti. Keizan dice:
“Zazen significa chiarire il terreno della mente e dimorare comodamente nella propria vera natura. Questo si chiama rivelare sรฉ stessi e manifestare il terreno originaleโ.
I caratteri giapponesi riferenti a questa frase sono aperti a diverse interpretazioni e immagino che siano difficili da tradurre perchรฉ ci sono molteplici traduzioni di questo.
Tutte le traduzioni di questa sezione di “Zazen Yojinki”[1] a cui ho avuto accesso dicono, piรน o meno, che zazen, permette a qualcosa di essere illuminato, chiarito o realizzato. Ciรฒ che viene chiarito รจ chiamato “mente primordiale” da Steven Heine; oppure solo “la mente” di Thomas Cleary; o โil terreno delle esperienze”; “il fondamento delle nostre menti” di Hubert Nearman, e “il terreno della mente” di Shลhaku Okumura.
La domanda che sorge ad un serio praticante avendo in mente le tre cose necessarie per una profonda e veritiera pratica Zen enunciate da Hakuin Ekaku โPer iniziare, la grande radice della Fede; poi il grande Dubbio; e infine una forte Determinazione per raggiungere lo scopoโ questo per indagare la propria pratica e non basarsi acriticamente sugli insegnamenti scritti, (vedi i quattro enunciati di Bodhidharma[2], quindi che cosa รจ questa โcosaโ, o esperienza, che ci proponiamo di chiarire? Se non รจ qualcosa che possiamo afferrare con il nostro intelletto cosa รจ?. Cioรจ, potremmo voler capire cos’รจ “il terreno mentale” questo obiettivo sfuggente della pratica, questa esperienza che suona cosรฌ trascendente[3], ma non puรฒ essere completamente spiegato a parole o compreso attraverso la speculazione filosofica, per quanto tutti, anche i grandi maestri ci abbiano provato. Il fondamento mentale, o la Vera Natura della nostra esperienza come esseri umani, puรฒ essere sperimentato chiaramente e distintamente con il proprio corpo e la propria mente, ma รจ impossibile da descrivere adeguatamente. Proprio come le parole e i concetti non possono trasmettere l’esperienza reale del bere un bicchiere di acqua, o provare amore per qualcuno, le parole e i concetti non possono avvicinarsi a ciรฒ che si prova a riposare in un momento primordiale di essere Semplicemente Vivi.
Ora, una mente chiarita in un momento di zazen non sembra la nostra mente ordinaria, che รจ piรน o meno costantemente assorbita nel valutare, giudicare, essere felice o infelice, discriminare, pianificare, analizzare o fantasticare. Tuttavia, anche la nostra โmente primordialeโ non รจ separata da quella ordinaria. ร come se il nostro senso abituale della nostra mente fosse la punta di un iceberg, e in un momento di “chiarificazione del terreno mentale” siamo in grado di scrutare sotto la superficie dell’acqua e vedere quanto sia vasta la nostra mente. Come se la nostra mente che ordinaria โfosse unโonda di un immenso oceano รจ acqua come lโoceano ma รจ anche onda pur non essendone separata. Come dice Keizan in un’altra parte dello “Zazen Yojinkiโ: โentrare direttamente nell’oceano della natura di Buddha e manifestare il corpo del Buddha”.
Ecco perchรฉ le varie traduzioni di questa frase parlano di “fondamento”, indicandoci qualcosa che sta alla base o sostiene tutto il resto.
Naturalmente, cosa realmente intendiamo per nostra Mente Primordiale, o il Terreno Mentale, o per โOceanoโ, quale รจ la natura di quella vasta parte della nostra mente, o esperienza, che รจ come la parte di un iceberg sommersa sotto l’acqua?
Essere consapevoli di non essere consapevoli
Possiamo dire che lโonda diviene consapevole di essere onda ma anche Uno (che non andrebbe capitolato maiuscolo perchรฉ non distinto dal tutto e dal particolare) con lโoceano e che la definizione e lo stato di onda sono solo nomi di convenzione comunicativa ad uso della mente relativa.
Ma qualsiasi etichetta ci invita a trarre conclusioni inappropriate su questo aspetto ineffabile dell’essere. Ad esempio, la “consapevolezza” ci fa pensare che questo abbia qualcosa a che fare con l’osservazione autocosciente di ciรฒ che sta accadendo, ma il nostro senso “io sono consapevole” non avviene nel momento dellโesperienza, altrimenti sarei ancora diviso.
“Mente Primordiale o Originaria” ci fa pensare a qualche tipo di essenza o oggetto che possiamo identificare separato dal nostro corpo: “Quando morirรฒ, la mente primordiale continuerร a vivereโฆ o si reincarnerร ”. Ciรฒ di cui parliamo, tuttavia, non esiste separato dagli esseri viventi, ma รจ una qualitร di esseri individuali impermanenti, nessun essere, nessuna mente Primordiale.
Keizan commenta l’impossibilitร di catturare l’esperienza di chiarire il terreno della mente, dicendo: “Che cos’รจ questo? Il suo nome รจ sconosciuto. Non puรฒ essere chiamata ‘corpo’, non puรฒ essere chiamata ‘mente’. Provando a pensarci, il pensiero svanisce. Provando a parlarne, le parole muoiono”. Eppure lo stesso Keizan la chiama “corpo” (“Tra il cielo e la terra, si vede solo questo corpo intero”) e “mente” (“Questo รจ simboleggiato dalla luna piena, ma รจ questa mente che รจ l’illuminazione stessa”). Cita anche altri maestri che usano tali parole, dicendo: “Il terzo patriarca, grande maestro, la chiamรฒ temporaneamente ‘mente’, e il venerabile Nagarjuna una volta la chiamรฒ ‘corpo'”.
Allora cosa fare o pensare? Se non ci dicessimo nulla, nessuno di noi sarebbe in grado di trovare la propria strada sul sentiero della pratica. “Mente” indica il ruolo della nostra consapevolezza nella nostra esperienza del non-duale. “Corpo” indica la realtร della nostra vita che รจ al di lร delle parole e dei concetti, ma รจ sempre pervasiva e presente. Non c’รจ una singola parola o concetto che catturi l’intero affare.
A rischio di confondere ulteriormente le cose con le parole, avendo appena discusso i loro limiti, ci sono due modi in cui personalmente mi piace descrivere il nostro “Terreno Mentale”: 1) la vita universale e 2) il fatto ineffabile dell’essere noi (senza N maiuscola) la Vita. Non importa quello che stiamo facendo, o quello che stiamo vivendo, siamo una manifestazione della โSplendore Universaleโ: l’apparenza incorreggibile dell’ordine, della vita e della bellezza dal caos. Anche quando siamo distratti o ossessionati dai dettagli mondani utili o inutili dolorosi o gioiosi della nostra vita, il Fatto Ineffabile del nostro Essere rimane, anche quando siamo nei Tre veleni che enuncia il Buddhismo, altrimenti sarebbe un divenire e non un โsempre-essereโ
A volte, perรฒ, la nostra mente e il nostro cuore si calmano un po’ e siamo in grado di riconoscere il prezioso miracolo della pura esistenza. Un soffio, il canto di un uccello, un raggio di sole hanno improvvisamente per noi un valore inestimabile. In un momento del genere, riconosciamo anche che questa qualitร della Vivacitร dello Splendore Universale o dell’Essere Ineffabile รจ qualcosa che condividiamo con tutto, e non solo con gli esseri viventi: condividiamo l’Essere con le rocce, gli alberi, i muri, le montagne, le molecole e la polvere di stelle, perchรฉ sono il nostro incommensurabile corpo di Buddha, come direbbe il maestro Dลgen.
Riposare comodamente nella propria natura
Mentre noi siamo una manifestazione indipendente e dipendente dell’Essere, Egli รจ del tutto indifferente ai confini. La Vivacitร della Vita Universale รจ qualcosa che si รจ o a cui si partecipa, non qualcosa che si raggiunge o di cui si possiede un pezzettino e poi con lo studio e la pratica si completa. Questo รจ il motivo per cui il risveglio ad essa ti permette di “riposare comodamente nella tua vera natura, e usiamo la parola risveglio e facciamo di tutto per ri-svegliarci, per scoprire che anche quando dormivamo eravamo sempre natura originaria… Per tornare alle frasi iniziali di Keizan, le traduzioni alternative di questa frase includono “dimorare pacificamente nel [tuo] stato originale”, “riposa tranquillo nella [tua] essenza fondamentale” e “dimorare contento nella [tua] natura di Buddha”. Quando ci risvegliamo al Fatto Ineffabile dell’Essere, riconosciamo come sia sempre stato lรฌ, e non possa mai essere perso o contaminato. Ci sostiene, ci circonda e ci contiene, ed รจ per questo che parliamo di “dimorare” o “dimorare al suo internoโ. Poichรฉ non รจ mantenuto dai nostri sforzi o dai nostri meriti, possiamo riposare.
Lasciare andare
Quando lasciamo andare, per un momento, la nostra auto-identificazione il nostro io con tutte le “cose” della nostra vita, i nostri nomi, corpi, relazioni, emozioni, status, ricordi, idee, opinioni, speranze, tutto, e apprezziamo l’Ineffabile Miracolo del Semplice Esistere, come se per un momento nulla ci riguardasse veramente, come fossero solo affari della nostra mente relativa
, tutte le nostre solite preoccupazioni sembrano un sogno. Come un sogno terribile e ansiogeno, e poi ti svegli, immediatamente sollevato che non รจ reale. ร cosรฌ che appaiono i nostri drammi umani ordinari e quotidiani quando riusciamo a chiarire il terreno della mente e, come dice Keizan nella frase successiva, “riveliamo noi stessi”. Naturalmente, la nostra vita quotidiana non รจ un sogno della mente come pensavano alcuni buddhisti antichi ha un certo tipo di realtร e dobbiamo prendercene cura, ma, da una prospettiva piรน ampia, le nostre miserie e i nostri desideri quotidiani non sembrano cosรฌ importanti come di solito e addirittura possiamo sorridere di come ci siamo cacciati in questa o quella sofferenza.
Proprio come le cose smettono di infastidirti cosรฌ tanto quando sai che hai solo poco tempo da vivere, quando riposiamo comodamente nella nostra vera natura, apprezziamo troppo la vita per sprecarla arrabbiandoci per cose relativamente piccole.
Andando in un’altra direzione di approfondimento della nostra mente relativa (ma dovuta per un praticante) esplorando un altro aspetto del concetto di natura “attuale” o “originale”: perchรฉ il Buddhismo Mahayana, non certo solo lo Zen, parla di questa “Natura” che siamo, o conteniamo, o possiamo chiarificare? Perchรฉ questo โrivelare sรฉ stessi”? Uno dei principali insegnamenti del Buddhismo non รจ forse lโimpermanenza? Che non c’รจ nulla di permanente in te e di te, nulla che tu possa identificare come “io, me o mio” senza di conseguenza sperimentare Dukkha, o sofferenza? Perchรฉ i termini Mahayana sembrano suggerire che abbiamo una “vera” natura che รจ “attuale”, “originale” o la nostra “natura di Buddha”? Certo, parlare di “natura Qui e Ora” nel Mahayana invita alla conclusione che conteniamo, o partecipiamo, a qualche essenza eterna simile a un’anima almeno, un’anima infinitamente grande, indifferenziata, di cui facciamo parte o a cui ritorniamo, un po’ come il Brahman delle Upanishad. In effetti, i buddisti Theravada a volte denigrano il Mahayana esattamente per questo motivo: essenzialmente, proporre l’esistenza di un qualche tipo di natura mistica e immutabile รจ contrario agli insegnamenti fondamentali del Buddha.
Tuttavia, la veritร a cui lo Zen punta con tutti i suoi discorsi sulla “natura Originaria dellโadesso” non ha lo scopo di suggerire l’esistenza di qualche essenza o natura che si possa indicare o scoprire. La tua vera natura non vive dentro di te. Non รจ nemmeno una vasta parte di iceberg sottomarino che giace nascosta (questo รจ un altro esempio della limitazione delle parole, perchรฉ la metafora dell’iceberg era utile fino a un certo punto, ma qui siโฆscioglieโฆ). La tua natura originale non รจ qualcosa a cui ti aggrapperai, usando il potere della meditazione. Tutti questi fraintendimenti sulla vostra “vera natura” presuppongono che siate separati da essa. Tu sei e sei tu. ร sempre stato cosรฌ: la Vivacitร Universale che si manifesta come il tuo corpo e la tua mente.
La Natura Universale รจ sconfinata e inafferrabile, ovviamente, e non ti appartiene. Tuttavia, c’รจ ancora un po’ di veritร indicata dalla parola “sรฉ”, come in: “Questo si chiama rivelare sรฉ stessi e manifestare il terreno originale”. L’esperienza non-duale che zazen permette รจ intensamente personale e intima.
Questo puรฒ sorprendere. Con tutti questi discorsi sull’Ineffabile Fatto dell’Essere che condividete con le rocce e gli alberi, potreste immaginare che questa esperienza oltre parole sia non-personale โ trascendente, elevata, che non abbia nulla a che fare con il vostro corpo, le sensazioni, i sentimenti, le percezioni o la coscienza. In effetti, la vostra Natura Universale non dipende o รจ ostacolata da nessuna delle specificitร della vostra manifestazione in questa vita, ma non รจ nemmeno separata da esse in alcun modo. Vive attraverso di te come persona, con tutte le tue istanze. Ci sono molti modi per definire il “sรฉ”, e piรน si esaminano le definizioni, meno chiaro diventa l’intero concetto, ma il termine indica un’esperienza reale e vissuta dell’essere un individuo e quell’esperienza รจ intimamente coinvolta con il sentiero del Buddhismo.
La Via dello Zen e lo Zazen
L’esperienza di un buddhista zen che rivela a sรฉ stesso la sua vera natura e vede come i dettagli della sua esistenza e della sua personalitร non la ostacolano o la producono รจ il risveglio.
Non tendiamo a cantare inni per celebrare questa esperienza, ma abbiamo i nostri modi di esprimerla, e di esserne felici nella mente-relativa come dice Keizan: Zazenโฆ e ricordate, questo non significa solo meditazione Zen, significa “entrare direttamente nell’oceano della natura di Buddha e manifestare il corpo del Buddha ” “รจ come tornare a casa e sedersi in pace.” Come ti senti quando torni a casa e hai la possibilitร di sederti in pace? Idealmente, la casa รจ un luogo in cui possiamo abbassare la guardia e le finzioni, essere chi siamo veramente, trovare rifugio da richieste e preoccupazioni, sentirci supportati e rilassarci anche verso le cose piรน amare di noi stessi โdimoriamo contenti”. Non รจ questo che tutti vogliamo, alla fine?
Mine no iro tani no hibiki mo
mina nagara waga shakamuni no
koe to sugata to
Il colore delle vette
e lโeco delle valli;
tutto, cosรฌ comโรจ
ha la voce e le sembianze del mio Buddha Shฤkyamuni
Dลgen ZenJi
[1] Vedi Keizan Study Material compilato da Charlie Pokorny per la Conferenza dell’Associazione Buddista Zen Soto del 2010.
[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Bodhidharma
[3] Trascendente: Non riconducibile alle determinazioni dell’esperienza, in quanto sussiste indipendentemente dalla realtร di cui รจ peraltro il presupposto.
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