Esortazioni allo zazen
Tutte le newsQuesta mattina, abbiamo sperimentato il corretto atteggiamento mentale per lo zazen.
Quando ci sediamo in meditazione, cerchiamo di lasciare fuori la nostra mente ordinaria con i suoi obiettivi, con le sue intenzioni. Anche le più sante, anche le più sacre, anche le più profonde.
Il mistero della pratica consiste nell’entrare nell’aspetto profondo della totalità dell’essere, che ancora non conosciamo.
Dogen, maestro della scuola zen Soto, diceva: “Conoscere se stessi è conoscere l’intero universo”. Questo perché è dimenticare il proprio vincolo, il proprio sé.
In queste due sedute di zazen, vorrei proporvi due koan, uno per seduta, su cui lavorare. Non dovrete lavorare intellettualmente, con la mente, ma con il vostro essere.
Il primo koan è una frase di Lao Tzu: “Il vero viaggiatore non ha destinazione, né nessun orario di arrivo fisso”. Lasciamo scendere questo enunciato e inveriamolo nella pratica di zazen.
Sono seduto in zazen.
Ogni respiro profondo lascia andare la mia mente ordinaria.
Ogni respiro profondo lascia andare ogni motivazione, ogni ragione di essere qui seduto in zazen.
Lascio andare chi sono, quello che vorrei essere, quello che sono stato.
Non c’è un passato che mi ha portato qui. Non c’è un futuro dove andare con la mia pratica, e neanche un presente dove restare. È un divenire continuo.
Il vero viaggiatore non ha destinazione, né nessun orario di arrivo fisso.
Un maestro zen, riguardo a questo, commentava:
“Qui, sulla mia montagna azzurra, non desiderò più nulla”.
Non si tratta di abolire i desideri o di avere o non avere più obiettivi o mete,
ma essere costantemente aperti al viaggio, cioé allo zazen.
Il vero viaggiatore non ha destinazione e nessun orario di arrivo fisso.
Lasciamo andare il giorno, lasciamo andare l’ora. Lasciamo andare il qui e l’adesso e viaggiamo nella profondità dello zazen, con la mente libera.
Sperimentiamo la libertà del conosciuto.
La testa al cielo, le gambe radicate alla terra, il respiro profondo.
Non facciamoci distrarre dal corpo, dal prurito, dal tossire e anche dai pensieri vaganti. Lasciamoli andare.
Per una volta, sperimentiamo la profondità di Shikantaza.
Che il nostro respiro sia silenzioso.
Bisogna fare un passo dal palo alto 100 piedi.
Un maestro zen giapponese ed autore di haiku, noto per il suo stile libero, ci porta il secondo koan da realizzare: “Questa è la pietra, nata dalla pioggia, che indica la strada”.
La pietra è l’unità della nostra vita. La pioggia è il nostro incedere. Il nostro viaggio è la nostra pratica.
Il nostro zazen è la pietra filosofale: l’unico essere universale.
La pioggia è il divenire continuo del nostro zazen, senza destinazione, senza orario d’arrivo.
Libertà assoluta dal conosciuto e dall’essere.
Non opponiamo la resistenza al cambiamento e al divenire.
Oggi è l’Otto Dicembre.
Shakyamuni realizzò l’illuminazione.
Senza meta, senza destinazione.
Come una pietra bagnata dalla pioggia.
Sulla mia montagna azzurra non desidero più nulla.