Il Buddhismo in Cina e lo sviluppo della scuola Ch’an.
Il mio account
Il Buddhismo in Cina e lo sviluppo della scuola Ch’an.
Il buddismo fu introdotto in Cina alla fine della dinastia Han Posteriore ( 25 d.C. - 220 d.C). Durante le dinastie Gi, Jin e Delle Corti del Nord e del Sud, molte scritture buddiste furono tradotte in cinese e lo studio delle dottrine basato su queste traduzioni cinesi progredì. Furono compilate la Biografia dei grandi maestri 高僧伝
Il secondo fu lo Zoku Gōsōden (Seguito della Biografia dei grandi maestri) compilato all'inizio della dinastia Tang.
Se si cerca la parola "buddismo zen" in un dizionario giapponese, di solito si trova la spiegazione che si tratta di "una religione che mira all'illuminazione attraverso lo zazen”. Naturalmente lo zazen è importante per il buddismo zen. Ma non nasce con il buddismo zen. Era praticato tra le religioni dell'India anche prima della nascita del buddismo e di Shakyamuni Buddha. Potremmo dire che "il buddismo è nato dallo zazen”, piuttosto che "nel Buddhismo esiste lo zazen”.
Sia la Biografia dei grandi maestri che il Seguito della Biografia dei grandi maestri, contengono una sezione sulla pratica zen. Quali sono dunque le caratteristiche originarie della scuola zen che è esistita nella storia?
La genealogia della “trasmissione della lampada”
La religione "genealogica" è specificamente la religione che condivide la credenza nella “trasmissione della lampada” secondo la sequenza:
Primo Patriarca Bodhidharma
Secondo Patriarca Eka
Terzo Patriarca Sōsan
Quarto Patriarca Dōshin
Quinto Patriarca Hongren
Sesto Patriarca Enō, ecc.
Nel buddismo zen, non c'è un fondatore o un guru specifico, e non c'è una singola scrittura unica. In altre parole, c'è solo una vasta genealogia di maestri e patriarchi che hanno trasmesso il Dharma. Nella scuola Zen, questo è chiamato "trasmissione della lampada”. Bodhidharma, considerato il "primo fondatore" del buddismo Zen cinese, è stato colui che ha portato il Dharma in Cina.
I regolamenti (shingi)
La seconda caratteristica del buddismo zen è che è una religione basata sui “regolamenti".
I monaci Zen non solo seguono i precetti, ma svolgono anche la loro pratica quotidiana di gruppo sulla base del Shingi, un insieme di regole e regolamenti unici per il buddismo Zen. La caratteristica più significativa del Shingi è l'affermazione attiva del lavoro produttivo e fisico detti fushen e samu, come pratica della Via del Buddha, che sarebbero proibiti dai precetti.
Secondo la tradizione Zen, fu il maestro Zen della dinastia Tang Hyakujō a porre le basi del Shingi.
I mondō (dialoghi) e kōan
La terza caratteristica del buddismo zen è di essere una religione di "domande e risposte" (dialoghi).
In giapponese c'è un detto comune per dire che è come una "domanda e risposta zen" in cui la domanda e la risposta non corrispondono, e lo scambio è incomprensibile. perché le domande e le risposte dei monaci Zen sono così sconcertanti e prive di significato? O sembra così? Perché ci sono due importanti presupposti nei dialoghi Zen. La premessa che la verità non è qualcosa che può essere insegnata, ma qualcosa che scopriamo da soli. In secondo luogo, la verità non può essere detta con le parole.
La dinastia Song fu un periodo di istituzionalizzazione dello Zen. Il buddismo Zen fu incorporato nella politica, nell’economia e nella cultura dello stato. In risposta a questa situazione, la scuola Zen al suo interno subì un processo di standardizzazione della struttura organizzativa e nelle forme di pratica. Nel caso di Dōgen zenji, il suo Zen era basato sull’ eredità dello Zen della dinastia Song e sulla sua critica dello Zen della dinastia Song. In quest’epoca, le trascrizioni dei dialoghi dei predecessori furono selezionate ed editate e diventarono dei classici dello Zen. Ancora oggi, sono chiamati kōan.
Domande del pubblico sulle prime tre lezioni, a cui risponde il Prof. Ogawa.
Il Dharma fu trasmesso direttamente dalla mente del Buddha alla mente di Mahakasyapa, senza basarsi su insegnamenti scritti, "senza basarsi sui testi”. Fu tramandato alla 28a generazione rappresentata da Bodhidharma. Gli fu dato il titolo di maestro, attraversò il mare e andò in Cina dove diede la trasmissione a Eka che era un monaco cinese. Da quel momento in poi, in Cina si trasmise il Dharma nella sequenza: Primo patriarca Bodhidharma
Secondo patriarca Eka
Terzo patriarca Sōsan
Quarto patriarca Dōshin
Quinto patriarca Kōnin
Sesto patriarca Enō.
In questa sequenza lineare, sotto il Sesto patriarca la discendenza si è divisa in due rami: quella di Nangaku (discendenza di Nangaku Ejō) e quella di Seigen (discendenza di Seigen Gyōshi).
Sotto Nangaku vi furono Baso Dōitsu, e sotto Seigen, Sekitō Kisen. Da loro derivarono eminenti maestri Chan e la fine del periodo Tang delle Cinque generazioni, nacquero le cosiddette “Cinque case”.
Le “Cinque Scuole”: la scuola Igyō, Rinzai (della linea di Nangaku), Sōtō, Unmon, Hōgen (linea di Seigen).
Negli ultimi anni della vita di Jinne, scoppiò una ribellione chiamata ribellione di An Shi (755-763). Fu una ribellione di grande portata che per un certo periodo portò la dinastia Tang sull’orlo della caduta. Sulla scia di questa ribellione, il centro della politica, dell'economia e della cultura si disperse da Chang'an e Luoyang alle province.Il buddismo Zen vide anche l'emergere di scissioni di scuole in vari luoghi, ognuna delle quali rivendicava il proprio lignaggio e il proprio Dharma Zen.
Dopo questo periodo in cui ognuno poteva esprimere liberamente la propria visione dello Zen (detto hyakka sōmei 百家争鳴), dal medio periodo Tang in poi, la corrente principale della scuola Zen divenne la scuola di Mazu (Baso Dōitsu) della provincia di Kōsei.
Alcuni discepoli di Mazu fin dall’inizio erano scettici e critici nei confronti di questo modo di pensare, e un altro lignaggio cominciò a prendere forma, con Sekitō Kisen come fondatore. Essi fondarono un nuovo lignaggio che prevedeva: il Sesto Patriarca Enō, Seigen Gyōshi. Sekitō Kisen, e cominciarono a perseguire il proprio sè in un modo diverso dallo Zen di Baso.
Da una parte, vedere come verità il proprio io così com’è del corpo vivente oppure dall’altra, trovare il proprio io vero in una dimensione che lo trascende: queste prospettive contraddittorie dello Zen di Baso e di Sekitō sono rimaste contrapposte nella storia del pensiero Zen per molti anni.
Anche Daie si basa sulla premessa fondamentale che ogni persona è originariamente un Buddha ("illuminazione originaria"). Tuttavia, nella realtà, le persone si perdono nell’illusione. Ecco perché dobbiamo raggiungere la grande illuminazione attraverso la pratica ("illuminazione acquisita"), e poi grazie a ciò, conquistare il sé della realtà presente che ci svia con l’illusione ("non-illuminazione"), e tornare all'illuminazione fondamentale ("illuminazione originaria"). Questo è ciò che Daie propone.
Si può dire che questo sia un ritorno alla stessa struttura dello Zen proposta nei primi tempi da Jinshū e i suoi seguaci. Una cosa diversa è però che per conquistare il “vero sé” si passa dallo zazen al kōan.
Come risposta alla domanda su come risolvere la contraddizione tra il "sé originale", che è il Buddha, e il "sé reale", che è nell’illusione, la scuola Zen della dinastia Song arrivò alla logica circolare. Tuttavia, c'è stata un'altra persona che ha dato una risposta diversa. È stato il maestro Zen Dōgen.
La sua posizione è chiamata "Illuminazione originaria e misteriosa pratica” honshō myōshū本証妙修", oppure "Praticare essendo illuminati "証上の修 o ancora "identità tra pratica e illuminazione” 修証一等.
Doveva essere inseparabile dall'effettiva costruzione e gestione di un mondo di pratica ininterrotta della Via buddhista.
In cui non c'è un solo momento in cui non ci sia pratica, non c'è un solo luogo in cui non ci sia pratica.
Domande del pubblico sulle ultime 5 lezioni, a cui risponde il Prof. Ogawa.